giugno 23, 2020
Cybersicurezza: i nostri inizi – Quarta parte: CeBIT
Finalmente è arrivata l’estate. Ce n’è voluto di tempo! Ma non sono sicuro che sia la benedizione che normalmente è, visto che siamo ancora tutti seduti a casa in smart working. Certo, ci sono state “facilitazioni” qua e là in giro per il mondo, ma noi qui a K non abbiamo fretta di… accelerare le cose. Credo che questo valga anche per altre aziende IT che lavoreranno da casa almeno fino all’autunno, mentre altre sono propense a rimanere a casa fino alla fine dell’anno. E naturalmente i viaggi d’affari sono ancora impensabili, così come le fiere di settore e le conferenze, i Giochi Olimpici e il Festival di Cannes e tutta una serie di altri eventi di grande portata. Basti pensare che alcuni paesi hanno ancora le frontiere chiuse.
Quindi sì, siamo ancora tutti in casa, non usciamo molto e ogni giorno che passa siamo un po’ più inquieti. Almeno per molti le cose stanno così, ne sono sicuro. Ci sono altri che approfittano di tutto il tempo a disposizione e fanno più esercizio fisico che mai! Io mi trovo nel mezzo. A volte sono stanco del fatto che i giorni sembrino tutti uguali ma comunque cerco di tenermi occupato. E questo include scavare nei miei archivi per trovare alcune vecchie foto, che portano a ricordi felici (il che mi fa pensare a quanto il mondo stia cambiando velocemente), che portano a questo mio nuovo post!
Sì, questa serie combina molta cyber-nostalgia, oltre a varie intuizioni personali e di business che ho raccolto nel tempo, che spero saranno utili per alcuni, o semplicemente interessanti per altri. Di conseguenza, continuo qui oggi con la quarta parte, e continuo i miei racconti, iniziati nella terza parte, sul CeBIT…
CeBIT – ci piaceva un sacco! Era così nuovo e diverso e imponente…
Correva l’anno 1992. L’Unione Sovietica aveva appena cessato di esistere ma la vita quotidiana era ancora piuttosto “sovietica” e la situazione erano davvero instabile per la gente comune. Le cose erano anche piuttosto caotiche e scioccanti. Per esempio: si vendeva il Royal Spirit nelle edicole (appena importato dai Paesi Bassi). Non era nata come bevanda alcolica, ma dato l’enorme nuovo mercato (libero dalle leggi sulla protezione dei consumatori) per forti spiriti di dubbia qualità che si aprivano all’Est, venne trovato il modo; ahimè, non senza vittime, con gente avvelenata, addirittura morta dopo averne bevuto. Venivamo da un luogo dove il caos era una costante e ci eravamo ritrovati in una Germania stabile, decadente, ordinata, con secoli di capitalismo e di consumismo ininterrotto alle spalle.
Come ho scritto nella terza parte, fu un vero e proprio shock culturale per noi. Ma dopo una settimana di relativa comodità in Occidente, ci abituammo. Ma poi ci fu un secondo shock culturale, di ritorno a Mosca, vedendo certe differenze. Differenze che erano fin troppo reali, per esempio: la famiglia e gli amici ci diedero conserve in scatola, salsicce affumicate, e altre vettovaglie da portare con noi nel nostro viaggio di lavoro, in modo da poter risparmiare i nostri Marchi tedeschi (parliamo di vari anni prima dell’Euro). Se non li spendevamo per mangiare, potevamo comprare un qualche tipo di lettore di cassette da portare a casa, o qualche capo alla moda come un buon paio di Levi’s o qualcosa del genere. Ricordando tutto questo adesso, e considerando che allora era quasi un modo di vivere, a volte non si riesce a credere che fosse la realtà. Il mondo di oggi è un altro pianeta praticamente, con una civiltà completamente diversa!
Ok, shock culturale: fatto. Ma come mai ci ritrovammo, subito dopo la nascita della “Federazione Russa”, al CeBIT? Dopotutto, non eravamo ancora un’azienda, perché partecipare a una fiera all’estero di punta come quella? E anche il paese si stava appena rimettendo in piedi. Beh, c’è una storia a riguardo, come mi ha raccontato di recente Alexey Remizov, il mio ex capo alla KAMI, dove ho lavorato per la prima volta (ora I-Teco).
Con la sua dipartita, l’URSS si portò via anche molti ministeri e comitati sovietici, quindi bisognava istituirne di nuovi (russi) al loro posto. Uno di questi, formatosi proprio prima del nostro viaggio al CeBIT, fu il Comitato per l’Informatizzazione del Ministero delle Comunicazioni, che ebbe rapidamente l’idea di organizzare uno stand congiunto al CeBIT con diverse aziende informatiche russe, tra cui la KAMI, dove lavoravo dal maggio 1991. Letteralmente, poche settimane dopo, eravamo ad Hannover alla mega fiera internazionale, per un’intera settimana, mostrando i nostri vari articoli tecnologici, ad occhi spalancati, assorbendo tutto ciò che ci circondava. Sì, fu uno spettacolo strano per noi. Ma sono sicuro che fu ancora più strano per i visitatori e gli altri partecipanti del CeBIT guardare la delegazione russa! Stavo per scrivere la “delegazione di startup russe” ma sarebbe una descrizione inadeguata: all’epoca non si poteva investire nel settore IT russo, un settore che praticamente non esisteva.
Ma torniamo al CeBIT…
Ho già accennato a questo nella terza parte, ma ecco qualche dettaglio in più sulle… dimensioni IMPONENTI della mostra. Ospitate in una dozzina o più di padiglioni enormi, c’erano migliaia di stand di aziende provenienti da tutto il mondo e centinaia di migliaia di visitatori (quasi un milione al suo culmine). Era la più grande fiera di computer del mondo, di gran lunga: molto più grande del COMDEX, di Las Vegas, al secondo posto. Lo spettacolo sarebbe stato abbastanza strabiliante per un occidentale esperto che lavorava al computer da anni. Per noi… era assolutamente mozzafiato (voglio dire, ero stato ad alcune fiere a Mosca, il Comtek, per esempio, nel 1990, ma il confronto era impossibile)!
Tuttavia, al CeBIT non c’era solo gente del settore come noi. C’erano pensionati, bambini… c’erano tutti, tutti lì per dare un’occhiata e per prendere qualche penna, tappetino e altri gadget promozionali gratuiti (gli “aspirapolvere”, li chiamavamo così, perché aspiravano praticamente tutto quello che non fosse attaccato saldamente allo stand). Dopotutto, questo era il futuro, ed era così luminoso che ci volevano gli occhiali da sole. Non come oggi, che siamo abituati a una tecnologia sempre più avanzata, sempre più grande, sempre più veloce, sempre più straordinaria.
Per esempio, ricordo che per la prima volta al mondo si intravide uno scorcio di mondo, in bianco e nero, attraverso la prima macchina fotografica digitale! La qualità delle foto era così scarsa che sarebbe ridicola per gli standard odierni, e costava anche un bel po’ di soldi (ricordo sui 1.000 dollari). Scattavano una foto ad alcuni volontari, trasferivano la foto su uno schermo collegato ad un primitivo editor grafico, e cambiavano le teste dei volontari, con urla e applausi del grande pubblico!
C’era uno stand di una società internazionale di informatica con una macchina da corsa di Formula 1 (in realtà, non è cambiato molto, ma allora era una novità:). C’era un manichino che versava caffè sulla tastiera di un computer tutto il giorno per dimostrare i vantaggi di una copertura impermeabile in plastica per la tastiera. C’era una sala dedicata alle startup che mostravano ogni sorta di persone in bicicletta… ed era più o meno tutto qui, per l’intera settimana.
Comunque, questo nella primavera del 1992, prima che arrivasse l’era di Internet come lo conosciamo oggi (la prima pagina web in assoluto era apparsa meno di un anno prima), e anni prima della bolla delle dot-com.
Per i visitatori era tutto divertimento e giochi, ma per noi era una faticaccia: allo stand lavoravamo senza sosta e senza alcun risultato! Nessun nuovo cliente, niente prospettive, niente di niente. Non che il viaggio fosse stato del tutto inutile. Fu il nostro primo passo, che ci fece capire che in futuro saremmo dovuti tornare ad Hannover, cosa che facemmo (qualche anno dopo e con regolarità) e che ci portò, in un modo o nell’altro, a dove siamo oggi.
All’inizio, i viaggi annuali al CeBIT erano fuori discussione: non avevamo né il tempo né i soldi per un evento del genere. E comunque, eravamo certi che ulteriori viaggi non ci avrebbero aiutato a sviluppare il nostro business, quindi, perché preoccuparsi? Le poche società di software russe di allora erano trattate con scetticismo con entusiasmo e poi per lo più ignorate, non era molto utile.
Poi le cose cominciarono a cambiare per noi prima di quanto ci aspettassimo, nel 1994…
Come abbiamo accennato in un altro post, fummo i migliori in un test antivirus dell’Università di Amburgo. E nella primavera del 1995 avevamo già una decina di partner stranieri (per lo più in Europa). Ma ciò che ci portò davvero a un altro livello fu il nostro secondo viaggio al CeBIT nella stessa primavera del 1995. Fu lì dove conoscemmo la compagnia tedesca G-Data. Aveva già una lunga storia nel campo degli antivirus, infatti aveva creato uno dei primi AV al mondo (nel 1988 per Atari)! Ma non era molto contenta del suo motore antivirus e, visti i risultati del test di Amburgo, volevano parlarci di una collaborazione tecnica. E questo fu tutto, all’incirca.
Così, al CeBIT nel 1995 noi (non io di persona, un collega) incontrammo per la prima volta la gente di G-Data. Al CeBIT nel 1996 noi (me compreso, di persona) firmammo un contratto con G-Data per la licenza del nostro motore AV e per il sistema di aggiornamento del database AV. Ma oltre a questo importante contratto non c’era molto da fare al CeBIT nei primi anni, così la volta successiva che tornai ad Hannover fu nel 2001. Ma da quell’anno in poi, ci andai ogni anno fino al 2012, e poi un’altra volta nel 2014, per un totale di 15 partecipazioni.
Nel frattempo, la nostra presenza ogni anno al CeBIT serviva per cercare attivamente, e trovare, partner/distributori, per lo più europei. Nel 1999 condividemmo uno stand con altre due aziende russe, e nel 2000 avevamo uno stand tutto per noi, anche se in un angolo remoto di uno dei padiglioni. Nel 2001 ci avvicinammo al centro, con il nostro stand ormai diventato a due piani (anche se vicino ai bagni). Da allora, ogni anno riuscimmo a spostarci sempre più verso il centro del padiglione, dove c’era tutta l’azione; e infine, arrivammo ad Antivirus Avenue, CeBIT, Hannover, con tutti i nostri colleghi-concorrenti.
Perché così tanto tempo per arrivare dove avremmo dovuto essere, nella parte migliore? Beh, gli organizzatori del CeBIT offrivano sempre ad un’azienda il posto che aveva occupato l’anno precedente, e l’unica possibilità di essere assegnati ad un’altra zona era che un’azienda lasciasse il consueto spazio espositivo, e perciò sarebbe stato offerto alle altre aziende. Così, nel 2007, per qualche ragione sconosciuta, un nostro competitor decise di non partecipare al CeBIT, e così cogliemmo l’occasione per prendere il suo posto, nella migliore location dell’intero “viale”.
Questi siamo noi nello stand condiviso con altre due aziende russe nel 1999. “Tecnologie all’avanguardia per le imprese”, sembra sicuro, solido. Quello che significava veramente era “siamo disperati, abbiamo davvero bisogno di vendere qualcosa per tirare avanti!”
Il nostro stand nel 2000, in un angolo:
Vedete, era proprio accanto ai bagni!
Ed eccomi qui, a sporcarmi le mani, letteralmente:
Andiamo avanti al 2008, un netto miglioramento:
E ora un po’ di vita mondana…
Ci si aspetta che qualsiasi fiera degna di questo nome si trovi in un luogo dove ci sono molti alberghi. Giusto? Esatto. Ma ad Hannover, sì, avete indovinato, c’è (o forse, c’era; non sono sicuro) una catastrofica penuria di camere d’albergo. COME È POSSIBILE?
La migliore e più grande esposizione internazionale annuale di informatica del mondo… si è svolta in una città con pochi alberghi. I partecipanti dovettero affittare appartamenti a circa 30, 50, 100 chilometri, a volte anche più lontano, dal complesso fieristico! PERCHÉ? E questa non è una di quelle domande di cultura generale con cui vi sorprenderò con la mia risposta. Nemmeno io lo so.
Ma in questo modo si dovette aguzzare l’ingegno con trovate interessanti e quasi assurde. La gente del posto che viveva in città, o nelle vicinanze, durante tutta la durata della fiera preferiva affittare la propria casa ai visitatori (un prototipo di Airbnb). Alcuni non si trasferivano “fuori” da qualche altra parte, ma si trasferivano “sotto”, nei loro seminterrati (se la loro proprietà ne aveva uno)! E con i soldi dell’affitto risparmiati dopo qualche anno, avrebbero costruito una casa accanto e avrebbero iniziato ad affittare anche quella!
Forse questa strana situazione dello squilibrio degli alloggi si è verificata solo per il CeBIT? Forse c’erano molti posti in cui soggiornare durante una fiera di “dimensioni normali”, cosa che il CeBIT non era di certo. Può darsi. Sono stato ad Hannover per un’altra mostra un paio di volte, Hannover Messe, e non ci sono stati problemi a trovare una stanza d’albergo in città.
Ah, e mentre mi occupo delle stranezze inspiegabili di Hannover, devo raccontarvi un’altra cosa che ho appena ricordato: la situazione all’aeroporto della città. A volte ci possono essere ore di code al controllo passaporti! Ma questa è la Germania?! Dopo aver patito due o tre volte per delle linee così terribili, abbiamo deciso di non volare più direttamente ad Hannover, optando invece per la vicina Amburgo di Francoforte. Ma, ancora una volta, “Hannover”, per favore, datti una mossa :).
Ecco un’altra cosa che mi sono appena ricordato. Non una critica ad Hannover, solo alla mia memoria imperfetta. Il centro congressi ha un enorme parcheggio che copre circa la stessa area dei padiglioni espositivi. Beh, una volta arrivai con un’auto a noleggio che avevo appena ritirato, avevo fretta, parcheggiai e me ne andai. Arrivati alla sera, avevo dimenticato dove avevo parcheggiato l’auto e anche di che colore fosse! Grazie al cielo non erano gli anni ’80, quando non c’erano i portachiavi con l’allarme.. Comunque, dovetti percorrere una buona mezz’ora a piedi quel maledetto parcheggio enorme premendo il mio portachiavi elettronico fino a quando non sentii un “beep, beep”; grrrrrr.
Ma divago. Torniamo alle nostre prime esperienze al CeBIT…
Come ho detto, all’inizio non c’era molto da fare per me (un tecnico, sulla carta) al CeBIT. Negoziare contratti con i distributori, discutere le condizioni commerciali… no: niente di tutto questo faceva per me. Ma poi iniziammo a farci conoscere sempre di più e con la fama arriva… la stampa. E prima che si potesse dire “addetto stampa, ma non ho mai pensato di diventarlo”, la mia attività mediatica diede un balzo in avanti: circa una dozzina di interviste al giorno! Per tutta la settimana! E senza pranzo (un collega sembrava sempre riuscire ad aggiungere un’intervista extra, non pianificata, per quella mezz’ora di pausa a metà giornata:). La sera ero esausto. Tutti gli altri andavano in qualche bel ristorante tradizionale tedesco (post-CeBIT, vedete sotto), mentre io tornavo nella mia stanza d’albergo stanza d’appartamento, dopo aver mangiato un hot dog veloce in un chiosco o qualcosa del genere. Due volte mi ricordo di aver parlato così tanto tutto il giorno con la stampa che mi sono venute le afte sulla lingua. Letteralmente!
Solo anni dopo mi sono posto la domanda: perché la stampa si è interessata così tanto a noi?
Probabilmente perché la “cybersicurezza” era allora un argomento molto scottante (in modo interessante, curioso, proprio come oggi!), l’attenzione verso questa tematica cresceva rapidamente. E tra tutti gli stand del CeBIT ce n’era solo uno, il nostro, che poteva parlarne a lungo dal punto di vista di un vero esperto. Altri si limitavano al tipico ipnotismo luminoso e brillante del prodotto/marketing, ma la gente era già stanca di tutto questo (parliamo di 20 anni fa; alcuni lo fanno ancora oggi. Immaginate). Mentre noi eravamo in grado di raccontare storie di criminali informatici, come e perché si introducevano nei computer e nelle reti delle loro vittime, cosa rubavano e come potevaono trasformare ciò che rubano in denaro. E sembra che, sullo sfondo delle tradizionali stupidaggini di marketing dei nostri concorrenti, erano notizie piuttosto fresche, non tradizionali, interessanti: proprio quello che piace alla stampa.
Ancora qualche foto. Andiamo avanti, fino al CeBIT del 2010:
Ed ecco “Antivirus Avenue”. Trend Micro, G-Data, Avira e altri. Gli organizzatori suddivisero lo spazio in base ai diversi settori. Questo padiglione era riservato alle aziende di sicurezza informatica, compresi noi. Ma, a partire dal 2010, l’elenco dei partecipanti delle aziende AV si ridusse abbastanza: Symantec, McAfee, F-Secure e altre aziende più piccole avevano smesso di partecipare a questo evento annuale. Nel frattempo, noi diventavamo sempre più grandi e più brillanti (ma sempre sulla base delle competenze), anno dopo anno!
Alcuni anni arrivavo alla vigilia dell’apertura della mostra, quando gli stand erano ancora in fase di allestimento:
Ecco il nostro stand nel 2012, completamente allestito e pronto a iniziare:
Ed ecco lo stesso stand il giorno dopo, il primo giorno della fiera: un trambusto senza sosta. Per me: interviste non-stop a giornalisti di Internet, TV, radio, giornali e riviste, incontri con i nostri partner commerciali, incontri con nuovi partner commerciali per conoscerci e, come al solito, niente pranzo 🙁
Ecco la nostra area lounge, sempre piena. A volte la usavo come mini-conference hall per parlare con diversi distributori e rivenditori di tutto il mondo. Beh, erano tutti qui, quindi perché non raccontare loro le nostre novità, i progetti, le idee di nuovi prodotti tutti insieme? Poi, magari, per una volta, avrò tempo per pranzare un po’.
Dato che il nostro stand era piuttosto grande, vi lavoravano in parecchi. E questi dipendenti, e naturalmente i nostri ospiti/partner, avevano bisogno di bere e mangiare regolarmente. Di conseguenza, avevamo la nostra piccola area bar dove, purtroppo, ho trascorso troppo poco tempo.
Mentre di sera… (potreste non crederci): festa! Birra, dj, discoteca, ballo, allegria, capelli sciolti.
Una delle tante grandi cose del CeBIT era che ci si poteva divertire un po’ dopo il duro lavoro di quei giorni. Ed era così, effettivamente: ogni azienda che si rispetti organizzava una serata di festa al suo stand, quindi una festa a notte per tutta la settimana! E non c’erano regole sul formato della serata. Bene, ecco la serata di festa che ci era stata assegnata:
Sì, ci sono due signore che ballano sui tavoli :).
Qualche volta invitammo alcuni DJ russi espatriati che vivevano a Berlino per far sentire qualche brano di “Russen Disko”:
Ok, la musica non era tutta russa (non volevamo esagerare), ma i cartoni animati sugli schermi erano sicuramente sovietici. Le danze e le bevute andavano avanti per ore, la nostra notte era tra le più movimentate. E anche la migliore, secondo la rivista Messe Zeitung della fiera, secondo la quale la nostra serata era stata “la festa più cool di tutto il CeBIT”! Purtroppo non è sopravvissuta nessuna copia di quel numero della rivista.
Non credo che ci sia un’altra fiera a cui sono stato, nemmeno IT, che permettesse un formato così informale la sera. La Hannover Messe industriale, per esempio, che si svolge nello stesso complesso, è un evento molto “giacca e cravatta”: assolutamente nessuna serata all’insegna del divertimento :). Anche il Mobile World Congress di Barcellona, che è altrettanto brillante, divertente e dinamico come il CeBIT… niente di niente!
E infine, per terminare, ahimè, una nota decisamente meno divertente…
All’inizio dell’anno 2010, il CeBIT, nonostante il suo formato avesse funzionato bene per decenni, decise di cambiare rivolgendosi maggiormanete alla specificità tedesca, più commerciale, più formale. Come risultato, praticamente l’intero contingente asiatico del CeBIT smise di parteciparvi.
Da lì in poi fu tutto in calo. Tutto ciò che riguardava l’aspetto mobile sembrava passare dal MWC di Barcellona e da altre fiere asiatiche, e alla fine si giunse al game over. Il CeBIT chiuse i battenti nel 2019 🙁
Il mio ultimo CeBIT fu nel 2014, al quale parteciparono solo tre aziende antivirus: noi, Sophos ed ESET (tanto per fare un paragone, all’apice del successo di questa fiera, 2000-2005, vi partecipavano una decina di aziende del settore).
Ma per la mia ultima volta ci sono stato per un motivo diverso:
Credo che la foto dica tutto. Ma, per sicurezza, i dettagli qui.
PS: Vi starete chiedendo perché ho scritto così tanto su una sola fiera annuale di IT.
Beh, in realtà, perché ritengo che il CeBIT sia stato un evento cruciale per la nostra azienda. La nostra presenza continua è stata uno dei fattori chiave del nostro successo, soprattutto in Europa. Perché era lì dove ogni anno c’era una concentrazione straordinariamente alta di contatti utili e di stampa del settore, e lì dove potevamo affermare a gran voce e con orgoglio di essere migliori dei nostri concorrenti, e tutti se ne sarebbero accorti!
Anche il nostro “percorso verso la grandezza”, avvenuto in gran parte al CeBIT, è ora anche un’analisi storica di quel tempo. Ed è questo è un altro motivo per cui ho scritto molto a riguardo: è come se stessi chiudendo un capitolo importante, quindi ho dovuto farlo nel modo giusto. Oggi le startup non devono certo vivere avventure così bizzarre. Di questi tempi ci sono investitori e si può imparare molto guardando le esperienze di altre aziende più navigate. Fortunati loro. Eppure, è stata una fortuna anche per noi: quella strada verso la grandezza percorsa al CeBIT è stata dura ma anche divertente, non c’è dubbio!