Post del mese: ottobre 2018

Antimonopolio nell’industria IT

Alcuni lettori della parte più tecnica del mio blog, forse presi dal caldo estivo, potrebbero essersi persi un evento importante che è passato un po’ inosservato lo scorso mese di luglio. Google è stata dichiarata colpevole di abuso di posizione dominante dalla Commissione Europea (CE), in merito a un aspetto del mercato dei sistemi operativi mobile, e dovrà pagare una multa di ben 4,34 miliardi di dollari (ovvero circa il 40% delle entrate nette di quest’anno della compagnia!).

Come mai? Secondo la CE, “Dal 2011, Google ha imposto restrizioni illegali alle case produttrici di dispositivi Android (anche obbligando le case produttrici a preinstallare le app di ricerca e browser di Google) e agli operatori di rete mobile per rafforzare la propria posizione dominante nel campo della ricerca generale su Internet”.

Sembra una decisione logica, chiara e non nuova (la Commissione Europea ha già multato Google in passato, e anche pesantemente). Allo stesso modo, logica e attesa è stata la decisione di Google di ricorrere in appello per evitare la multa.  La causa proseguirà per diversi anni, con un risultato finale falsato e che probabilmente porterà a un accordo extra-giudiziario. E a causa della durata dell’iter processuale, il problema non sarà tanto stabilire l’ammontare della multa, quanto provare l’abuso di posizione dominante.

Ma ricapitoliamo la situazione.

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Cyber-paleontologia: incredibile, vero? E i risultati ancora di più

Ciao a tutti!

Iniziamo parafrasando un postulato filosofico piuttosto conosciuto: “È la professione degli uomini a determinare il loro essere sociale o è il loro essere sociale a determinare la loro professione?” Sembra che questa domanda (per meglio dire, il quesito originale) sia oggetto di acceso dibattito da oltre 150 anni. E, grazie alla nascita e alla diffusione di Internet, questo dibattito continuerà a esistere per altri 150 anni e oltre. Dal punto di vista personale, non ho uno schieramento preciso, anzi, per esperienza personale, opto per un dualismo tra professione ed esistenza, dal momento che un fattore influisce sull’altro, in tanti modi e in maniera costante.

Verso la fine degli anni Ottanta, è nata la virologia informatica in risposta alla crescente proliferazione di programmi dannosi. Avanzando velocemente di trent’anni, la virologia si è evoluta (o, per meglio dire, si è unita ad altri campi relazionati) in industria della cybersicurezza, che spesso influisce sullo sviluppo dell’esistenza Information Technology: grazie alla concorrenza inevitabile, sopravvivono quelle tecnologie dotate della miglior protezione.

Nei trent’anni trascorsi dagli anni Ottanta, noi in quanto aziende antivirus abbiamo ricevuto soprannomi di qualsiasi tipo, a volte anche abbastanza sgradevoli. Ma, secondo la mia umile opinione, il più accurato in questi ultimi anni è sicuramente quello di cyber paleontologi.

Il nostro settore ha imparato a combattere epidemie di massa, sia in modo proattivo (abbiamo protetto gli utenti, ad esempio, dalle grandi epidemie degli ultimi anni, WannaCry ed ExPetr) o come reazione a un evento (mediante l’analisi di minacce con dati su cloud e i tempestivi aggiornamenti). Tuttavia, quando si tratta di attacchi mirati, c’è ancora moltissima strada da fare per l’intero nostro settore: solo poche aziende hanno la maturità tecnica necessaria (e le risorse) per poter gestire questi attacchi e se aggiungiamo un incrollabile impegno a contrastare qualsiasi cybercriminale, indipendentemente da dove provenga o dalle sue motivazioni, allora rimane solo un’azienda in gioco, Kaspersky Lab naturalmente! (Tutto ciò mi ricorda una frase di Napoleon Hill: “sull’ultimo piolo, la scala per il successo non è mai affollata”) Non c’è da meravigliarsi se siamo soli (sull’ultimo piolo della scala), perché per mantenere questo impegno incrollabile di esporsi letteralmente a tutto e a tutti è di gran lunga più costoso rispetto al non farlo. E si incorre in moooolti più problemi per via degli ultimi avvenimenti geopolitici; tuttavia la nostra esperienza dimostra che è questa la strada giusta da percorrere, e gli utenti ci appoggiano investendo i propri soldi nei nostri prodotti.

Un’operazione di cyberspionaggio è in realtà un progetto molto complesso, costoso, che richiede tempo e tecnologie avanzate. Ovviamente, gli autori di tali operazioni si infastidiscono molto quando vengono acciuffati e molti di loro pensano di potersi sbarazzare degli sviluppatori “indesiderati” grazie a diversi metodi di manipolazione dei media. E ci anche altre teorie simili:

Ma sto divagando…

Queste operazioni di cyberspionaggio possono passare inosservate per anni, perché i loro creatori hanno molto a cuore il proprio investimento kit: attaccano solo pochi obiettivi accuratamente selezionati (niente attacchi di massa, più facili da individuare), testano l’attacco sui prodotti di sicurezza informatica più diffusi, cambiano velocemente le proprie tattiche se necessario e così via. Ovviamente è facile dedurre che molti degli attacchi mirati che sono stati individuati in realtà non sono altro che la punta dell’iceberg. E l’unico modo davvero efficace per smascherare questi attacchi è grazie alla cyber paleontologia, ovvero una raccolta di dati meticolosa e a lungo termine, dati  che servono per ottenere il quadro generale della situazione. Per fare ciò è necessaria la cooperazione di esperti di altre aziende, bisogna individuare e analizzare anomalie e, come risultato finale, sviluppare tecnologie di protezione adeguate.

Nel campo della cyber paleontologia ci sono due specializzazioni: le indagini ad hoc (dopo aver individuato, per caso o intenzionalmente, un’anomalia) e le indagini operative sistemiche (processo pianificato di analisi del panorama IT aziendale).

Gli evidenti vantaggi della cyber paleontologia operativa sono altamente apprezzati dalle grandi aziende (che siano aziende private o governative, obiettivo principale degli attacchi mirati. Tuttavia, non tutte le aziende hanno l’opportunità o l’abilità di svolgere operazioni di cyber paleontologia in proprio, perché gli esperti che se ne occupano non sono così tanti (si tratta di una specializzazione di nicchia) e ovviamente assumerli implica un costo importante.  E invece noi di Kaspersky abbiamo tanti di questi talenti a disposizione e in tutto il mondo (nomi di un certo rilievo e dall’incredibile esperienza). Per questo, grazie alla nostra forza in questo settore e per rispondere alla grande necessità sperimentata dalle aziende nostre clienti,  seguendo la legge della domanda e dell’offerta, abbiamo deciso di proporre un nuovo servizio sul mercato: Kaspersky Managed Protection. Continua a leggere:Cyber-paleontologia: incredibile, vero? E i risultati ancora di più

Festa a Roma per un evento speciale

Ciao a tutti!

Dopo Monaco, quasi senza fermarmi mi sono diretto verso il sud d’Europa, a Roma, e sono rimasto lì qualche giorno per un’intensa agenda di lavoro. C’erano diversi eventi che coinvolgevano direttamente Kaspersky Lab…

Innanzitutto, ed evento più importante di questi giorni, abbiamo festeggiato il decimo compleanno del nostro ufficio in Italia! Già sono passati dieci anni? Davvero? Il tempo trascorre troppo velocemente! E ovviamente abbiamo organizzato una bella festa, abbiamo invitato i nostri partner, i nostri clienti preferiti e molti vecchi amici per festeggiare tutti insieme, ed è stato un successo!

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La fine del principio della lotta ai patent troll

Durante gli scorsi mesi di agosto e settembre, per la maggior parte del tempo sono stato costretto a “lavorare da casa”, cosa che di solito non faccio mai. Non potendomi dedicare ad andare in giro per lavoro o per piacere, ho avuto molto più tempo a disposizione del normale e così ho potuto dedicarmi alla lettura, e ho letto molto. Come al solito, mi sono imbattuto in molte cattive notizie ma, ogni tanto, ci sono notizie molto buone. In particolare, c’è una buona eccellente notizia sul fronte della lotta ai patent troll: un tribunale del Texas ha respinto l’azione legale che Uniloc aveva intrapreso contro di noi per violazione del brevetto US5490216. Brevetto che, agli inizi degli anni 2000, ha seminato il terrore tra le aziende IT, che ha fatto venire i capelli bianchi a molti avvocati specializzati in brevetti e che ha alleggerito senza pietà i portafogli di oltre 160 aziende (160!), tra cui anche giganti come Microsoft o Google.

Ma le ottime notizie non finiscono qui!

Lo sforzo congiunto dell’intero settore IT ha portato all’invalidamento del brevetto IT; ma non è solo questa notizia che merita grandi festeggiamenti, è soprattutto il fatto che questo invalidamento porterà a un cambio importante (necessario, purtroppo, da tempo) nel sistema brevetti statunitense. È vero, sarà un cambiamento lento ma comunque inesorabile, e comunque lentamente è sempre meglio di nulla, soprattutto quando certi cambiamenti hanno una certa importanza a livello globale: almeno l’industria IT potrà togliersi di dosso i parassiti dei brevetti, che non fanno altro che succhiare il sangue ostacolare lo sviluppo tecnologico.

La ruota non solo ha iniziato a girare ma anche a scendere velocemente lungo la collina: gli sviluppatori stanno acquisendo maggiore libertà in ciò che fanno perché protetti dalle idiozie di questi proprietari di brevetti che riguardano idee astratte e a volte piuttosto ovvie, che nella pratica non vengono applicate o che vengono utilizzate per spremere denaro agli sviluppatori di tecnologie simili. Insomma, la storia del brevetto …’216 potrebbe essere letta come una sorta di thriller emozionate, e per questo quasi quasi tornerò a raccontarla, affinché possa intrigarvi di nuovo.  Preparate un caffè (o dei popcorn, meglio) e mettetevi comodi per ascoltare una storia che riguarda i parassiti dei brevetti e che vi farà mordicchiare le unghie per la tensione (per non parlare ai patent troll…).

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